L’Italia e la pandemia: un anno di disagio

L’Italia e la pandemia: un anno di disagio

Quasi due anni fa, al momento dell’iscrizione ad una gara in Liguria (Trail Running in Italy: Three for Team (TFT), in Arenzano, Liguria | EmigranTrailer), proponevo ai miei compagni di squadra di utilizzare il seguente nome: Ultra Taaaaac Disagio.

La combinazione nasceva dal nome della squadra (Ultra Taaaaac Team) e dalla postilla “Disagio”. Quest’ultima nacque per due semplicissime ragioni.

La prima prettamente sportiva, dal momento che praticando trail-running e ultra da diversi anni (My Trail Running Experience | EmigranTrailer), mi sono imbattutto spesso in commenti, tra il serio e il faceto, del tipo: “ma che problema hai? Qual é il tuo disagio? Cos’é che ti porta a correre per ore e ore senza una meta, al freddo, al buio? E poi non ti stanchi? Non é faticoso? Ma poi ti fai male? Boh, non ti capisco’’. Insomma, io, come tanti altri trail-runner e ultra, vengo solitamente visto come un “disagiato”. E la cosa genera principalmente sorrisi e risate. Quindi, un disagio di natura “solare”.

La seconda motivazione é che giá nel 2018 percepivo a livello individuale (e collettivo) un certo disagio nei confronti di un sempre piú crescente populismo all’interno della comunicazione politica e di quella giornalistica/mediatica italiana. Nei mesi successivi é cresciuto. Il piú delle volte ho provato (e tutt’ora provo) ad ignorarlo. Ma ammetto che é una pratica che risulta molto difficile soprattutto perché, vivendo all’estero, ho la fortuna (o sfortuna) giornaliera di avere termini di confronto, spesso impietosi. E la cosa genera sentimenti oscillanti tra la tristezza e la frustazione. Quindi, un disagio di natura “ombrosa”.

Ecco. Nell’anno appena trascorso, se da un lato il disagio “solare” é stato piú o meno lo stesso degli anni scorsi, il disagio di natura “ombrosa“, legato al modo di fare comunicazione politica e giornalistica in Italia, ha raggiunto livelli decisamente alti.

Oggi non mi va quindi di raccontare dei soliti numeri legati al Covid-19, tanto vedo e leggo ancora gente che si fa una idea  guardando solo il numero dei contagi, e non l’insieme dei dati di positivi, guariti, decessi e ricoverati, come spiegato mesi fa e che danno una reale idea della gravitá o meno di una situazione Covid-19: differenze tra Marzo e Ottobre | EmigranTrailer.

Mi va piuttosto di condividere il mio disagio legato ad eventi ed episodi di questo 2020, connessi principalmente alla pandemia. La lista é lunga e non l’ho neanche riportata tutta. Spero ci sia qualcuno dotato di buona pazienza per leggerla fino alla fine, magari aiutandomi a capire se é un disagio individuale, collettivo o se invece sto sbagliando tutto (quindi ben vengano critiche e commenti se costruttivi). É un disagio a 360°, rivolto all’intero sistema e non ad una specifica fazione o parte di esso.

Ammetto di essere in difficoltá sul “da che parte iniziare ?”; tendenzialmente seguirei un ordine cronologico, tanti sono stati gli episodi che hanno generato questo profondo disagio.

Siamo prontissimi

Disagio per un Premier (Conte, formalmente non legato ad alcun partito) che a fine Gennaio dichiara “siamo prontissimi” e “abbiamo adottato misure all’avanguardia”, dovendo poi egli stesso smentirsi qualche settimana dopo con il primo degli innumerevoli DPCM del 2020, una volta che l’escalation di contagi e decessi aveva giá iniziato a colpire alcune regioni settentrionali. Il mio disagio nasce dal fatto che quelle dichiarazioni di Gennaio furono solo il frutto di una sorta di populismo paternalista, volto a tranquillizzare un certo elettorato; una dichiarazione di facciata, non supportata da una reale attivitá di prevenzione, come infatti le settimane successive hanno dimostrato. Populismo paternalista che si ripeterá poi nelle giornate di fine Ottobre quando viene spiegato il nuovo lockdown come necessario per poter trascorrere  “un Natale sereno”. Non mi pare che le cose siano andate proprio cosí.

“Perché guariremo. Dai giorni piú duri a una nuova idea di salute”

Disagio per un Ministro della Salute (Speranza, Articolo Uno), citato da Conte a fine Gennaio come se fosse giá in prima linea nella prevenzione, che nei mesi tra la prima e la seconda ondata, pensa bene di scrivere un libro “Perché guariremo. Dai giorni piú duri a una nuova idea di salute” (poi ritirato all’inizio della seconda ondata), incurante delle prioritá del momento (necessitá e urgenza di un immediato aggiornamento del piano di ricettivitá ospedaliera, vera criticitá di questa pandemia) e soprattutto non sfruttando il periodo estivo con una minore carica virale per accellerare in questa direzione. Questo avrebbe aiutato non ad evitare la seconda ondata, ma quantomeno ad arrivarci piú preparati. Difatti, la seconda ondata autunnale, prevedibile anche dai sassi visto che giá era in corso in estate in altri paesi asiatici e visto che i normali virus (quelli influenzali per intenderci) hanno sempre avuto picchi tra i mesi di Novembre e Febbraio in Europa (Influenza in Europe, summary of the season 2018–19 (europa.eu)), quindi giá di per se limitando la disponibilitá per altri ricoveri, ha nuovamente messo in luce le carenze in questo settore. E tutt’ora sulla questione si continua a non fare chiarezza. Cosí come non si fa chiarezza sulla completa mancanza di un piano di aggiornamento sulle emergenze come documentato da Report e di cui ho anche scritto mesi fa in relazione ad altri paesi europei (Covid-19 deaths and pandemic preparedness plans | EmigranTrailer). E l’Italia era quella a Gennaio del “siamo prontissimi”.

“Apriamo tutto. Chiudiamo tutto”

Disagio poi per gli innumerevoli cambi di opinione in merito alla pandemia di politici, giornalisti, opinionisti, virologi e quanti altri. Potrei citare i vari Dem per l’aperitivo “boomerang” di fine Febbraio, con Zingaretti (PD) positivo al Covid solo una settimana dopo e costretto a scusarsi. Oppure Briatore che condivide a Marzo l’opinione di Zangrillo (“il virus é clinicamente morto”), salvo poi ammalarsi lui stesso a fine Agosto. Ma forse l’esempio piú eclatatante é quello del senatore Salvini (Lega). Un caso da studiare, quasi al limite della schizofrenia nei primi mesi della pandemia. La lista dei suoi continui cambi di posizione é lunga e, in primavera, Repubblica aveva fatto un bel riassunto del continuo cambio di posizione del leader leghista “Chiudere tutto, anzi no”. Salvini e il Covid 19, la confusione del leader leghista sulla gestione dell’epidemia – la Repubblica. Una sorta di banderuola che segue sempre lo stato d’animo e l’umore del suo elettorato nazionale e/o regionale (vedi ad esempio la Lombardia). Il tutto incurante di un filo logico o di coerenza.

Coerenza che continua a rimanere assente durante tutto l’anno, quando in piena pandemia, gira a destra e a sinistra per l’Italia, non rispettando minimamente uno (e dico uno solo) dei protocolli minimi delle misure anti-Covid, mascherina o distanziamento che siano. Ma l’assenza di coerenza non deve sorprendere, per chi ha studiato un pó di populismo. Al populista non interessa la coerenza (vedi anche il Movimento Cinque Stelle) ma interessa solo “assecondare” l’umore del suo elettorato. E per farlo si usano anche mezzi abbastanza puerili, ma altresí pericolosi, come la “distrazione di massa” (spostare rapidamente e costantemente l’attenzione su qualcos’altro per evitare che ci si concentri su cose veramente importanti) e la creazione di un nemico (insomma troviamo uno con cui prendercela, tipo come fatto in questi mesi dalla destra sovranista con Conte, oppure come fatto da giornalisti filogovernativi con lo stesso Salvini o Renzi o chiunque altro abbia osato fare una critica, magari costruttiva, all’intoccabile Conte).

“Sono risultato con ampio margine il giornalista piú seguito sui social”

Disagio proprio per quest’ultima categoria: i giornalisti protagonisti! Quest’ultimi autori soventi di titoli e semplificazioni su social media o carta stampata che hanno spesso creato panico e confusione, pur quando non era necessario. Ricordo che nei primi giorni della pandemia mi trovavo dall’altra parte del mondo (Singapore e Indonesia) e leggevo giorno dopo giorno, l’escalation di titoloni drammatici con assenza di analisi oggettiva sui dati e che alimentavano semplicemente panico e paura. Fu uno dei motivi per cui, proprio allora, iniziai a documentarmi direttamente dai dati ufficiali (pubblicazioni ufficiali dei vari governi o delle relative universitá o agenzie certificate in merito a problemi sanitari) e a contribuire con una visione prettamente basata su numeri e non sulle opinioni (COVID-19 (Corona Virus) | EmigranTrailer).

Ma spiccano poi tra questa categoria quelli che si ergono a portatori di veritá e santitá. Su tutti: Andrea Scanzi. In questo 2020, é forse l’esempio piú eclatante di populismo all’ennessima potenza. È un giornalista che a Febbraio dichiarava che non succedeva nulla al 99,7% della popolazione, per poi, da trasformista consumato, diventare il paladino dei lockdown e dei decreti Conte nei mesi successivi. È il giornalista che il piú delle volte non pubblica il suo pensiero, ma quello di altri. È un giornalista che, sulla scia del percorso fatto da Travaglio anni fa, decide di settimana in settimana chi sia il suo nemico: una settimana fa era Renzi, due settimane fa era Salvini, la settimana prima qualcun altro. Ma secondo voi lo fa perché é veramente interessato a quello che dicono i due Matteo e al bene della collettivitá? Beh, biosgnerebbe aprire gli occhi e studiarsi un pó di numeri. I libri che Scanzi vende si basano proprio su questa narrazione anti-Renzi o anti-Salvini (Classifica dei Libri di Andrea Scanzi (classifichelibri.it). Entrambi i “Matteo” gli servono, per alimentare l’odio, il rancore, la rabbia, la curiositá nei loro confronti, in modo che la gente vada a comprare la nuova edizione sull’uno o sull’altro. Non c’é nient’altro interesse che questo (altrimenti non ricorderebbe sotto ogni suo post dove comprare il suo libro). Mi spiace: é il peggior populista (e giornalista) in circolazione. E mi spiace per chi pensa che sia pure uno onesto, intelligente e coerente.

Ah giá, la coerenza. L’altro elemento che quando manca porta il populismo al suo apice. Un esempio recente é quello legato ad uno dei suoi nemici utili: Renzi. Qualche giorno fa scriveva “Il paese é devastato, la gente non ce la fa piú e Renzi si vanta per la sua (ipotetica) bravura tattica. Ma stiamo scherzando?”. Insomma criticava Renzi di “pavoneggiamento” in un momento difficile. Bene. Qualche giorno prima pubblicava “Anche a novembre, come accade ininterrottamente da aprile, sono risultato con ampio margine il giornalista piú seguito sui social”. Ora due sono i fatti: o il 15 Dicembre il paese non é piú devastato e la gente ha smesso di non farcela piú  (e quindi tu, Scanzi, puoi pavoneggiarti quanto vuoi) oppure sei solo un pagliaccio populista e opportunista, al pari di Porro (altro giornalista di “livello” che ci regala l’Italia), e di tanti altri (la lista é lunga, ma basta accendere la TV) che non hanno nulla a che vedere con il giornalismo. Io propendo per la seconda, ma so giá che i vari milioni di “cheerleaders” di Scanzi non condividono. Comunque a lui e a loro, consiglierei di leggersi qualche articolo de Il Post.it (l’unico che forse ancora si é salvato quest’anno nel panorama italiano-e speriamo duri) per capire come si fa un minimo di giornalismo serio (Il Post).

“Renzi vuol far cadere il governo, Renzi non conta nulla”

Disagio poi appunto per lo stesso senatore Renzi (Italia Viva). Al pari di Salvini, anche lui é un caso di schizofrenia da studiare. Peró il contesto é completamente diverso. Partiamo dal momento piú recente. Il 9 Dicembre fa un intervento in aula al Senato (quindi luogo corretto e adeguato) sulle dichiarazioni del premier Conte su come investire i soldi del Recovery Fond, elecando le cose su cui il suo partito non era d’accordo. Ho ascoltato Renzi (non ho letto i titoli dei giornali; ho proprio ascoltato il suo intervento in Senato) e non mi era sembrato nulla di scandaloso o distruttivo (L’intervento di Matteo Renzi in Senato sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio | 9/12/2020 – YouTube). Invece, a leggere i titoli dei giornali, sembra tutta un’altra vicenda. Mi sono chiesto perché stesse accadendo tutto ció. Perché i giornali riportano l’esatto contrario di quanto si puó ascoltare dall’intervento in aula? E la risposta sta nuovamente nel populismo, ovvero nell’utilizzo dei media pro-governativi che attuano la “distrazione” di massa, spostando l’attenzione dai contenuti di quello che ha detto al personaggio Renzi stesso.

Ma qui poi arriva la “schizofrenia” dello stesso Renzi. Infatti, invece di fare silenzio e lasciar proseguire le discussioni in sede opportuna, lui cosa fa? Non fa che alimentare questo gioco presentandosi a destra e a sinistra in varie ospitate TV. Agendo in questo modo, lui alimenta questa stessa narrazione populista. E quel contenuto narrato al Senato non se lo ricorda piú nessuno. O meglio: se lo ricordano in pochi, quelli che avevano visto il filmato. Eppure Renzi dovrebbe aver imparato dai suoi errori. E ne ha fatti tanti. Invece, imperterrito, continua a porsi al centro dell’attenzione, piuttosto che lasciar spazio alle cose pur giuste (a volte) dette a livello politico. Eh sí, perché in un panorama triste e deludente a livello politico, qualche cosa corretta l’ha anche detta, vedi l’esempio di fine Marzo. Renzi dichiara: “Bisogna lavorare ad un piano per la ripresa economica e scolastica”. Renzi non dice di aprire subito, dice di “pianificare” (che é una cosa ben diversa da aprire tutto e subito) e non fa altro che allinearsi ad affermazioni fatte dalla Merkel in Germania e da Macron in Francia; affermazioni di carattere puramente politico pertinenti con il ruolo che la politica deve avere in un periodo di emergenza. E che succede in Italia alle affermazioni di Renzi? Calenda (Azione): “La tua dichiarazione é poco seria”. Centinaio (Lega): “ancora una volta da Renzi una proposta che fa capire quanta incapacità di ascolto ci sia da parte sua. Mentre la comunità scientifica implora il ‘tutto chiuso’, lui lancia l’ennesima provocazione della disperazione. Fratoianni (Leu) “Su quali basi scientifiche il senatore di Italia Viva fa queste affermazioni? Non abbiamo bisogno di apprendisti stregoni irresponsabili”. E cosí via per giorni sui giornali. Insomma si scatena nuovamente il circo mediatico contro il personaggio Renzi (e lui non fa nulla per evitarlo), piuttosto che concentrarsi sul problema posto sul tavolo della discusssione. Problema appunto non inventato da Renzi, ma giá in discussione in paesi come la Germania, dove la Merkel viene da sempre vista come l’esempio di ottimo politico. E chiediamo oggi, dopo 9 mesi di pandemia, alle aziende e alle imprese se fosse sbagliata la richiesta di Renzi.

Insomma, sull’argomento provo davvero disagio, per lui stesso e per i suoi detrattori. Eh giá, anche per loro. Perché se davvero conta cosí poco (Travaglio: Renzi é un pelo superfluo della politica), perché si crea sempre un polverone appena apre bocca? Di nuovo due sono i fatti: o conta piú del 2% che viene rimarcato costantemente oppure fa comodo un pó a tutti (giornalisti e politici) sfruttare il personaggio Renzi per vendere un pó di piú, prendere piú like o per nascondersi dai problemi reali (“distrazione di massa”). Io propendo sulle ultime due. E la conferma arriva quando si insiste con la storia poi che il governo cade per colpa di Renzi. Il governo cade se non ha idea (o se ha idee confuse) su come affrontare questa situazione. E mi sento a disagio a leggere o sentire che il problema sia creato da questo o da quell’altro. In Germania, la Merkel é costantemente sotto critica da varie fazioni. Ma la cosa non le fa né caldo né freddo perché ha un’elevata capacitá politica e gestionale. E risponde a tutte le critiche combinando dati scientifici (trasparenti) e dialogando costantemente con tutte le parti. E non ha bisogno di giornali amici che le creino il “nemico” per difenderla. L’Italia aveva giá enormi problemi prima della pandemia. E ci vorrebbe un pó piú di onestá da parte di tutti se si vuol davvero fare il bene del paese, dei cittadini. L’emergenza coronavirus ha dato l’opportunitá al governo di “nascondersi” dietro questa pandemia, per evitare i veri nodi politici del nostro paese. Partiamo da questa ammissione. Secondo me poi si puó davvero pensare a migliorare le cose. Altrimenti resta il disagio.

“Metodo a colori con algoritmo criptico”

Disagio che ha avuto un ulteriore brusca impennata a Novembre, a valle dell’ennesimo DPCM e sulla narrazione del “metodo scientifico” con cui si classificano le regioni in Italia. Metodo basato su 21 parametri incrociati con un algoritmo di cui nessuno a conoscenza, a parte forse quelli del CTS. Non avrei nulla da dire sul metodo a colori (anzi, ne parlavo giá mesi fa, Dpcm a colori: zona rossa, gialla e arancione | EmigranTrailer), se fosse tutto piú trasparente e comprensibile ai piú, come spiegato facendo raffronto con paesi come la Germania (Covid-19, fattori di contagio e nuovo DPCM | EmigranTrailer). Non lo dico da scienziato, con la pretesa di capire un minimo di matematica. Lo dico da cittadino europeo che vive in un paese dove se il numero dei nuovi positivi é inferiore ai 50 per 100.000 abitanti negli ultimi 7 giorni non si attuano misure restrittive, se il numero é superiore si attuano misure restrittive e se é superiore ai 200 si applica il coprifuoco dalle 21 alle 5 del mattino (Lockdown light-Italian and German rules | EmigranTrailer). Insomma, ho un parametro di riferimento trasparente, verificabile e consultabile: non ho bisogno ogni giorno di un premier o di un ministro per dirmi cosa devo fare. E invece in Italia, no. Si lascia tutto alla giornata, alla possibilitá di sorprese all’ultimo minuto, alle dirette (sempre in ritardo) del Premier, o al suo portavoce (Casalino) che vive di protagonismo mediatico.

Un esempio sono le attribuzioni dei colori nel periodo a cavallo di Natale: una autentica farsa, che di scientifico ha poco. Se la scienza dice che stai messo male, non scendi a compromessi e chiudi tutto per due o tre settimane. Non é che intervalli con colori rosso, arancione e giallo a seconda di quando andare a farsi la permanente o i baffi tra Natale, Capodanno e la Befana (e mi perdoneranno parrucchieri e barbieri se li ho “utilizzati” per spiegare il concetto). Qual é la base scientifica per cui il 4 Gennaio diventa arancione? É il numero dei sintomatici per mese? È il numero dei ricoverati per mese? É il numero di ricoverati in terapia intensiva? È il numero delle checklist settimanali alle strutture ospedaliere? É il numero delle strutture con criticitá? È la percentuale di tamponi positivi? È il tempo tra inizio sintomi e diagnosi? É il tempo tra inizio sintomi e isolamento? È il numero di figure professionali addette al contact-tracing? È il numero di figure professionali addette al prelievo/invio ai laboratori di riferimento? È il numero di casi confermati? È il numero di casi indicati dalla Protezione Civile negli ultimi 14 giorni? É l’indice di contagio RT? È il numero di nuovi focolai? È il numero di accesso ai Pronto Soccorso? È il numero di occupazione dei posti letto in Terapia Intensiva e in Area Medica?

Insomma, non prendiamoci per i fondelli. Nessuno di questi 21 parametri é stato realmente preso in considerazione, né tantomeno la combinazione di alcuni di essi. Si é fatta una valutazione puramente politica e populista: “diamo qualche giorno di tregua se no questi non ci votano piú o continuiamo a calare nei sondaggi“. È questo modo di fare poco trasparente che crea rabbia, apprensione, preoccupazione, frustazione, fastidio e disagio. E sembra che né il governo né l’opposizione vogliano evitare tutto questo. A me andrebbe bene l’affermazione: é una decisione politica, senza basi scientifiche. Sarebbe molto piú onesto.

“Non ricordo perché é passato tanto tempo”

E in tema di onestá, non posso non manifestare il mio disagio per la vicenda di qualche settimana fa legata all’ex-Ministro Toninelli (Movimento Cinque Stelle), durante il processo Salvini sul mancato sbarco della nave Gregoretti del Luglio 2019. Diverse fonti giornalistiche riportano che, alla domanda sulla sua firma in merito alla ordinanza di divieto, lui abbia dichiarato: “non ricordo perché é passato tanto tempo”. Peró Toninelli nelle ore successive, con un video su Facebook, si é difeso, rigettando queste affermazioni giornalistiche. Ora due sono i fatti: o tutti i giornalisti sono disonesti (ed é possibile) oppure é lo stesso Toninelli ad essere disonesto (e pure questo é possibile). Non so quale delle due scegliere.

So solo che, in tema di onestá intellettuale, il partito di cui Toninelli fa parte non é il miglior esempio in Italia. Basti pensare ai recenti commenti sul possibile rimpasto di governo in cui i grillini accusano Renzi di voler fare patti con Salvini. Ma scusate? Ma chi cavolo ha governato con Salvini dal 2018 al 2019 firmando e appoggiando anche indecenti decreti? Ci deve essere un problema evidente di mancanza di fosforo dalle parti di Grillo & co. Forse il “non ricordo perché é passato tanto tempo”, é una costante da quelle parti. Ecco. Io provo disagio per questi modi di fare da populisti. Urlando “disonestá” quando tocca agli altri, e nascondendosi poi dietro un “non ricordo” quando si é coinvolti in prima persona. Mai ad assumersi una responsabilitá (che sia una, diamine!) e sempre invece ad accusare l’altro. Ci va anche un minimo di onestá intellettuale.

Onestá che pure é mancata nella vicenda Philipp Morris, che ha versato denaro tra il 2017 e il 2020 alla Casaleggio, con relativo voto dei 5 Stelle a favorire la multinazionale. Sulla questione fumo, é lo stesso giornale Il Fatto Quotidiano (tipicamente sempre a difesa dei grillini) a dover confermare le notizie dell’inchiesta de Il Riformista. Travaglio & co. hanno impiegato 10 giorni a confermare quanto riportato da altre testate. Tempistica ovviamente voluta e studiata, per limitare il circo mediatico contro rappresentanti del governo, come invece scatenato in tempo zero in passato contro il PD, quando il Movimento era all’opposizione. E sulla questione fumo, lasciatemi dire che ho provato profondo disagio a leggere i primi decreti in cui, durante il lockdown, nella fase piú critica, tra le cose consentite, c’era l’acquisto delle sigarette, visto come bene di necessitá. Ma come é possibile? C’é un virus che principalmente attacca le vie respiratorie….e si dá la possibilitá di comprare le sigarette, ma non di fare attivitá sportiva nei boschi. Disagio.

“Rispetto ad altre Regioni abbiamo contenuto bene il contagio”

E in tema di onestá intellettuale e assunzione di responsabilitá non posso che rimarcare il mio disagio in merito all’operato e alle dichiarazioni dei vari governatori italiani in questi mesi. Fontana (Lega) che il 15 Maggio dichiara: “Rispetto ad altre Regioni abbiamo contenuto bene il contagio”. Non lo voglio neanche commentare Fontana. È abbastanza indegno. Andiamo avanti.

Zaia (Lega) che a fine ottobre dichiara: “Crisanti é una vicenda dolorosa”. Ma miseriaccia. Per fortuna che Crisanti c’era nella prima ondata e ha dato le giuste indicazioni tecniche (tamponi a tappeto) per limitare i danni. Poi la persona puó essere discutibile. Ma aldilá dell’attribuzione dei meriti della primavera, se guardiamo a questa seconda ondata, non é che forse qualcosina é mancato in Veneto? Magari un parere tecnico?

Spostiamoci in Liguria. Toti (Cambiamo!, manco sapevo esistesse sto partito) che a Novembre dichiara: “ Anziani non indispensabili”. Al di lá dell’affermazione completamente senza senso, ma ci vuole davvero fegato (per non dire essere cretino forte – senza offesa) per fare quest’affermazione nella regione italiana col piú alto numero di anziani (in relativo alla popolazione).

E chiudo con lo sceriffo De Luca (PD) che ha dato vita a delle “macchiette” memorabili sui suoi canali social. Al di lá dell’ilaritá di fondo di alcune di esse, la narrazione di De Luca non é sempre stata coerente con la realtá, lamentandosi spesso di essere vicino alla catastrofe, all’inferno, e poi venendo egli stesso smentito dai numeri campani, con le criticitá localizzate solo in alcune zone delle province di Caserta e Napoli. E mai ai livelli di altre regioni italiane. Va detto peró che De Luca ha sdoganato un’altra modalitá di fare comunicazione, abbastanza lontana da quella di un governatore di regione e molto piú vicina a quella di un influencer su YouTube o Instagram.

“Gli influencers”

E gli influencers sono stato un altro elemento di disagio in questo maledetto 2020. Ne ho letti e visti tanti tramite condivisioni dei miei contatti. Alcuni pro o contro il governo o la pandemia; alcuni famosi, alcuni meno; alcuni opinionisti anche in TV, alcuni giornalisti. Comunque l’argomento meriterebbe un’analisi separata, ma provo a spiegarmi in breve. Bisogna partire da questa riflessione: l’Italia risulta essere tra i paesi in cui il numero di telefoni attivi (80 milioni), di gran lunga superiore alla popolazione (60 milioni), e in cui si spendono 6 ore al giorno sui social media. Principalmente questo utilizzo é per svago, e non per lavoro (tra le varie fonti si possono analizzare i dati qui riportati: Social media in Italia: utenti e tempo di utilizzo 2020 (vincos.it)). Ecco allora che la comunicazione populista in Italia ha fatto breccia in maniera molto rapida tra tutti (ma proprio tutti) i ceti sociali in Italia e si é estesa anche in ambienti politici che fino all’altro ieri ne erano rimasti distanti. Quello che peró é capitato nell’ultimo anno, la pandemia generata dal Covid-19, ha drasticamente accelerato un processo giá in corso.

E l’accelerazione é avvenuta proprio tramite i rispettivi influencers. L’effetto di questo processo é stata la generazione di “tifoserie” che, indipendentemente da un fatto oggettivo, hanno spalleggiato e continuano a spalleggiare i propri beniamini, incuranti se stiano dicendo una “cazzata” o meno. Anzi, nel momento in cui la “cazzata” é stata detta o fatta, inizia la cosiddetta catena di “distrazione” di massa, volta a puntare l’attenzione su “qualcos’altro”, purché non ci si soffermi sulla “cazzata”. Ed in tutta questa catena, giocano un ruolo fondamentale tutti quanti; ovvero chiunque commenti, inoltri, condivida, la notizia appena annunciata. Il mio disagio si é acuito nel corso di questi mesi vedendo gente (anche mediamente acculturata) che condivideva di continuo post scritti da questi influencers, post fatti di frasi brevi e ad effetto, post su sfondo rosso, giallo, blu, viola, o qual colore fosse per arrivare a tutti i ceti sociali.

Ma ci sono stati post emblematici per far capire l’ignoranza e la superficialitá di alcuni influencers. L’ultimo esempio é quello in merito alle chiusure in montagna. A mio parere, Selvaggia Lucarelli fa un post discutibile e disgustoso: “Tutti quelli che hanno il problema del dove, quando, come andare a sciare con 700 morti al giorno meriterebbero di finire un paio di minuti sotto la neve, magari venuta giù da una grondaia molto grande. Di sperimentare l’inebriante sensazione della fatica nel respirare, del non sapere come andrà a finire, del provare il fiato corto e la claustrofobia di chi resta sotto un casco per giorni, col Covid. Per due minuti, mica di più, poi arriva un soccorritore o un San Bernardo e lo tira fuori. E magari lo skipass smette di essere la priorità di fine anno“. L’influencer in questione (di giornalismo ha poco, almeno sulla vicenda) fa un post, in cui dimostra di non aver capito assolutamente nulla della questione. E come lei tanti altri che hanno parlato a vanvera in queste settimane.

Il problema non é il ricco di turno che vuole andare a sciare.

Partiamo da un presupposto: é un problema nazionale, e non locale. In Italia, ogni regione (anche la Sardegna) ha almeno qualche chilometro di piste da sci. Di conseguenza le attuali chiusure non vanno né schernite né minimizzate. Perché? Perché non é in se per se la pista da sci il problema (avete presente il discorso di prima dei populisti e della “distrazione di massa”….la Lucarelli fa esattamente questo). Io sono il primo ad amare una montagna incontaminata, priva di eccessiva antropizzazione e meno comprensori sciistici. Ma questo é un altro problema che va affrontato in modo dettagliato e costruttivo per un concetto di lunga durata. Parliamo invece dell’attualitá. Il vero problema, oggetto della preoccupazione di molte famiglie che vivono in piccoli centri di montagna, é il completo azzeramento di entrate economiche per i quattro mesi invernali (se é una buona stagione). Il vero problema é che molti albergatori hanno giá adeguato le stanze e le loro strutture nel periodo estivo per essere preparati ad accogliere un numero minimo di clienti, in totale sicurezza, seguendo per filo e per segno le regole imposte mesi fa. Ad oggi non ne vedranno nessuno. Il vero problema é che molti ristoratori o gestori di baite e rifugi, hanno fatto la stessa cosa per garantire il distanziamento sociale durante eventuali soste di camminatori, ciaspolatori, fondisti e sci-alpinisti. Eh sí. Perché mica esistono solo gli sciatori da skipass. Esistono tanti altri che vivono la montagna in modo diverso. Ad oggi anche loro non ne vedranno nessuno.

Il vero problema é che molti maestri di sci vivono solo di queste entrate. E qui puó essere utile o no lo skipass, citato dalla Lucarelli. E su questa questione, vorrei avere una spiegazione con basi scientifiche alle seguenti successive domande.

Perché si puó accedere ad una metro o un bus e non si puó accedere ad una cabinovia? Se si imposta un numero minimo di accessi non vedo differenze.

Perché si puó stare a contatto in una metro o in un bus, magari sfiorandosi le mani, mentre diventa un problema se hai due sciatori bardati di tute, guanti, mascherina e occhiali all’interno di una cabinovia?

Perché si puó stare incolonnati in attesa di entrare in un negozio in centro cittá, e la medesima cosa diventa un problema all’ingresso degli impianti di risalita?

Perché non dare la possibilitá di fare ristorazione da asporto anche in montagna, avendo motivo (i clienti) per farla?

Perché non dare la possibilitá all’artigiano locale di vendere i suoi prodotti, se tutto é fatto in sicurezza e con distanza? Qui vicino casa mia (e non sono in montagna) c’é un piccolo negozietto in cui l’ingresso é possibile solo per una persona ed ovviamente con mascherina. Funziona tutto benissimo, per il commerciante e per i clienti che pazientano all’esterno, rispettando le dovute distanze.

Perché non dare la possibilitá di garantire almeno un turismo locale (tipo solo ai residenti in regione)? Spesso parliamo di paesini e valli giá molto isolate. Quindi il distanziamento é quasi naturale. Le densitá abitative dei paesi di montagna, anche nel picco turistico, sono nettamente inferiori e lontanamente comparabili a quelle di cittá come Milano, Roma, Napoli o Torino.

Sono tutte domande che meritano quantomeno una discussione e una successiva pianificazione per evitare di portare sul lastrico migliaia di famiglie. Confido che magari le legga il ministro Franceschini (PD) che dovrebbe occuparsi anche di Turismo.

Insomma la Lucarelli, come tanti altri influencers, la fanno facile, senza realmente aiutare a comprendere il problema e fare domande costruttive. Questo modo di fare degli influencers a me fa tristezza. E crea disagio. Perché é un modo di fare anti-educativo, anti-culturale e anti-formativo. Lo so: forse é un problema solo mio.

(volutamente non ci sono foto in merito a questi influencers)

“Scuole aperte, scuole chiuse”

Ed in tema di educazione ho provato profondo disagio sulla questione scuola aperta, scuola chiusa. L’Italia é il paese in Europa che ha interrotto piú di tutti la normale educazione scolastica nel 2020. Certo si é passati alla didattica a distanza che viene vista come un ottimo traguardo. Ma siamo davvero sicuri che sia un successo e sintomo di progresso? Io credo assolutamente di no. La mia opinione é che la didattica a distanza la puoi applicare con gli studenti adulti, con gli universitari, e forse per chi sta facendo gli ultimi due anni delle scuole superiori. Ma con gli adolescenti e i bambini é un grandissimo autogol. È un errore, confermato anche da studi scientifici (COVID-19 in children and the role of school settings in transmission – first update (europa.eu)). Nel percorso di educazione é fondamentale che questa generazione non perda il contatto diretto e fisico con i propri coetanei. Non possiamo “educarli” alla distanza, alla separazione, alle barriere. È un errore madornale che potrebbe portare a conseguenze drammatiche negli anni a venire. Ho letto e ho discusso in diverse occasioni sull’argomento e so benissimo che molti la pensano diversamente, giustificando la decisione col fatto che la scuola é un potenziale focolaio di corona-virus.

Ma la vera domanda é se la chiusura delle scuole ha davvero aiutato a ridurre i contagi. Non é stato cosí in Italia, non é stato cosí in altre parti del Mondo. E quindi bisogna accettare il rischio perché l’educazione, la cultura, é la base per poter progredire come paese. E non siamo messi giá benissimo. Sull’argomento non posso non citare il mio disagio per la decisione della ministra Azzolina (Movimento Cinque Stelle) di aggiornare le strutture scolastiche con i banchi a rotelle. Quando l’ho letto, mi é venuto in mente Homer dei Simpsons, tanto ho trovato priva di logica questa decisione. Ovviamente in altre parti del mondo (e fortunatamente in alcuni plessi scolastici italiani) si sono sognati di adottare il “modello Italia della Azzolina” ed hanno semplicemente spostato o tagliato banchi giá esistenti per garantire il giusto distanziamento (zero costi, zero impatti nello smaltimento dei vecchi banchi, zero ritardi nelle consegne dei nuovi banchi, zero rischio di autoscontro tra gli alunni, e cosí via).

“App Immuni, App IO”

E che l’educazione “classica” sia fondamentale lo dimostra il disagio dall’apprendere che, mentre gli italiani non scaricano l’ App Immuni per paura di perdere la loro privacy, gli stessi italiani scaricano molto piú in fretta la App IO, per avere la ricompensa in denaro. E la privacy in sto caso non é un parametro rilevante nella scelta. Insomma, un controsenso ancora piú clamoroso se si pensa a quante App abbiamo scaricato sul nostro cellulare  con accessibilitá ai nostri dati sensibili molto meno protette dell’App Immuni. Io non dico quale sia la cosa giusta da fare (ognuno é libero di fare le sue scelte), ma almeno un pó di coerenza, di conoscenza di base e di senso di responsabilitá non guasterebbero.

“Imprese chiuse. Porti aperti”

E in tema di senso di responsabilitá non posso non manifestare il mio disagio per la continua propaganda politica sulla pelle dei migranti da parte dei partiti sovranisti di destra, rappresentati da leader come Salvini (Lega), Meloni (Fratelli d’Italia) e Tajani (Forza Italia). Qualche settimana fa la loro manifestazione di protesta fatta di cartelli “Imprese chiuse. Porti aperti” ha acuito il mio disagio sulla questione. Mi sono abbastanza scocciato di questa propaganda in quanto migranti e gestione dell’immigrazione non hanno nulla a che vedere con le norme anti-contagio e con la chiusura di imprese del periodo. Non mischiamo la lana con la seta. Volete davvero aiutare le imprese? Bene, lavorate nelle riunioni politiche su questa questione, portando esempi e modelli (studiate cosa si fa in altre nazioni) per garantire lo svolgimento di attivitá in piena sicurezza. Ma finitela cortesemente con sta storia dei migranti. Finora non ho sentito UNA, e dico UNA, proposta concreta di come aiuterete le imprese. Parliamo di contenuti, lasciamo stare la fuffa ed evitiamo propagande pretestuose, tipo anche quella per esempio sulla messa di Natale (Orario messa Natale, Meloni cavalca la polemica su Twitter (giornalettismo.com)).

Ah giá: i luoghi di culto. Lasciatemi fare una considerazione su questo elemento. Ma qualcuno mi sa spiegare perché l’accesso ai luoghi di culto non é stato vietato, mentre é stato vietato l’accesso ai luoghi di cultura (teatri per esempio)? Chiariamo: é una decisione presente in tanti paesi, non solo in Italia. In ogni caso, io faccio fatica a capire la base scientifica di questa decisione. Sono entrambi luoghi chiusi. Sono entrambi luoghi dove si puó limitare il numero di ingressi. Sono entrambi luoghi dove si puó controllare facilmente lo stato fisico di chi accede, tramite magari i termoscan. Sono entrambi luoghi dove puoi garantire posti a sedere con la distanza minima di sicurezza. Sono entrambi luoghi dove chi sta sull’altare o sul palcoscenico é a distanza dal pubblico. Sono entrambi luoghi dove si puó costantemente sanificare le superfici. Insomma: perché uno aperto e l’altro no? È una scelta assurda che ci ha riportato indietro nel tempo, direi al Medio Evo, quando al volgo si negava la cultura e lo si convinceva che l’unica speranza/soluzione era nella religione.

Stiamo messi davvero male.

“Vaccino sí, vaccino no”

“E no! Non siamo messi cosí male. Perché, Andre, ci salverá il vaccino!” Ecco, il dibattito degli ultimi giorni sui vaccini (vaccino sí e vaccino no) ha portato il mio disagio a picchi inaspettati. In questo contesto chiarisco subito che non prendo neanche in considerazione le posizioni assolutistiche “no-vax”. Non amo gli estremisti. E quindi non amo neanche chi prende posizioni cosí estreme, senza discussioni costruttive. Ma, al tempo stesso, non condivido i “perbenisti” o i “buonisti” che dichiarano “se non ti vaccini, sei un egoista”, “se non ti vaccini, sei una merda”, etc. etc. Perché dico questo? Perché io mi immagino molte persone confuse in questo periodo.  Non sono persone “no-vax” a prescindere, ma sono persone confuse da tutto quanto ho giá scritto prima. E soprattutto sono confuse da medici e/o virologi che, piuttosto che fare il loro mestiere, preferiscono stare in vetrina sui media con frequenze quotidiane. La ricerca scientifica (l’ho fatta e la continuo a fare) non é fatta di riflettori. La ricerca scientifica va fatta nelle sedi opportune, facendo i necessari passi per arrivare alla soluzione. Passi che possono essere molto lenti, rispetto alle esigenze mediatiche. Quindi, bisogna evitare di farsi travolgere dai riflettori. È giá successo quest’anno che molti virologi abbiano “sbagliato” le previsioni e si siano poi dovuti scusare o cambiare opinione. Ecco. Qui non possiamo parlare di “opinioni”. Qui devono parlare i fatti. Devono parlare i test, le analisi, i confronti di risultati provenienti da diversi gruppi di ricerca. E cosí via. Altrimenti il “rischio” é che le persone comuni non capiscano e abbiano paura. E diventino scettici, anche se non appartenenti alla fazione “No-Vax”. Va fatta educazione ed informazione corretta sul vaccino. E questo puó essere fatto se e solo se l’educatore (medico o virologo che sia) abbia fatto sue tutte le necessarie conoscenze in merito. E questo non puó accadere se stai tutto il tempo in TV.

Inoltre, a livello politico, bisogna essere anche onesti e dire le cose chiaramente come stanno e parlare in modo ponderato e sereno, in risposta anche alle critiche degli scettici. A titolo di esempio, in Germania (sorry, ma vivo qui), in risposta a critiche (comunque composte, nulla a che vedere con l’attuale destra sovranista italiana) di un rappresentante di AfD, la Merkel ha dato una risposta serena (con un pizzico di ironia) e ha fatto un discorso chiaro sulla questione vaccini Angela Merkel kontert Impf-Plan-Attacke von AfD-Mann und sorgt für Gelächter – YouTube). Il vaccino non é la risoluzione del problema. Il vaccino é la soluzione per limitare (non per annullare) in maniera drastica i contagi. E quindi é importante vaccinarsi. Ma le normali misure di prevenzione vanno mantenute: mascherina, distanziamento sociale e pulizia delle mani. Il vaccino non toglierá queste misure. E va spiegato il perché alle persone. La motivazione é che non sappiamo se il vaccino avrá validitá per un periodo limitato o per sempre (Vaccines for SARS-CoV-2: Lessons from Other Coronavirus Strains (nih.gov). Questo non puó dirlo nessun medico fin quando non avremo dati dal campo. Il sito del World Health Organization spiega chiaramente tutti i punti aperti sul vaccino tra cui quello sulla sua effettiva durata (Coronavirus disease (COVID-19): Vaccines (who.int)): “It’s too early to know if COVID-19 vaccines will provide long-term protection. Additional research is needed to answer this question. However, it’s encouraging that available data suggest that most people who recover from COVID-19 develop an immune response that provides at least some period of protection against reinfection – although we’re still learning how strong this protection is, and how long it lasts”.

Insomma, bisognerebbe capire entrambe le posizioni, e non dare addosso all’uno o all’altro a prescindere, usando spesso toni di scherno, animaleschi e da trogloditi. Non si fa cosí prevenzione e informazione, soprattutto agli scettici. E spero che gli scienziati facciano prima di tutto gli scienziati, e poi gli influencer televisivi.

“Disagio”

Concludo, dicendo che provo enorme disagio per aver scritto questo poema. Ma soprattutto provo disagio per chi é riuscito a leggermi fin qui. 🙂

Grazie nel caso.

Spero di aver lasciato qualche spunto di riflessione sull’anno trascorso in Italia, con l’obiettivo di aumentare sempre piú le distanze da una certa comunicazione politica e giornalistica, creatrice solo “disagio di natura ombrosa“. E spero sia chiaro il concetto di farsi piú di una domanda prima di convidere ed alimentare questa tipologia di comunicazione.

Studiamo. E studiamo con metodo scientifico. E condividiamo dati, articoli o video con un minimo di base scientifica. E soprattutto, facciamolo in modo civile, anche quando vogliamo fare una critica.

Poiché sono un ottimista di base, chiudo con il mio piccolo augurio per tutti di avere un 2021 ricco di “disagio solare“. Io ci conto molto e per ricordamelo ogni tanto mi riguardo i momenti di quell’ Ultra Taaaaac Disagio del 2019 (foto e video dovrebbero dare una idea). E sorrido.

Un abbraccio a tutti.

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ANDREA DE FILIPPO

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