La guerra in Ucraina e le reazioni dello sport

La guerra in Ucraina e le reazioni dello sport

In questa foto, che ho scattato una decina di giorni fa all’inizio della guerra, ci sono un simbolo sportivo (la bicicletta) e i colori delle bandiere russe ed ucraine.

Come tutti sto seguendo l’evoluzione della guerra in Ucraina. Ogni giorno si legge o si sente per radio di decine e decine di persone morte tra civili e militari, di tantissime centinaia di ucraini che stanno scappando verso i paesi limitrofi per salvarsi dai bombardamenti, e di cittá sotto assedio.

É una situazione decisamente drammatica ed, in qualche misura, inaspettata per un continente che ha vissuto le ultime decine di anni senza eventi di tale portata.

Mentre gli stati europei e gli Stati Uniti hanno da subito condannato l’invasione russa, altri stati hanno mantenuto una posizione meno chiara nei primissimi giorni. Man mano che poi sono trascorsi i giorni, il numero degli stati contro questa azione militare voluta da Putin é andato ad aumentare. Sul sito dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale si puó trovare un articolo ed una mappatura molto dettagliata: Invasione russa dell’Ucraina: le reazioni del mondo in 5 mappe (ispionline.it).

Al momento attuale non é contemplata alcuna azione militare contro Putin e le sue forze armate. Il rischio é altissimo di innescare un conflitto a livello mondiale, con conseguenze ancor piú drammatiche. Ad oggi, la strada per limitare o rallentare l’invasione dell’Ucraina decisa da Putin é quella delle sanzioni. È spiegato bene in un articolo del Il Post di qualche giorno fa: Le sanzioni faranno male alla Russia – Il Post. Non é ben chiaro quanto queste sanzioni saranno efficaci nel breve o nel lungo periodo. Ma é il passo concreto adottato da moltissimi stati, inclusi quelli tipicamente neutrali come la Svizzera.

Fin qui parliamo delle reazioni prettamente in ambito politico.

Da sportivo, ho osservato con estrema attenzione le reazioni nei diversi settori dello sport in generale.

Ed é questo il tema principale di questa mia riflessione.

La comunicazione del Comitato Internazionale Olimpico (CIO)

Il CIO ha reagito immediatamente ed in maniera molto dura, in quanto il governo russo ha violato la Tregua Olimpica (Tregua olimpica – Wikipedia) e ha commesso altre gravissime violazioni della Carta Olimpica (Carta Olimpica – Wikipedia).

In sostanza, attraverso svariati comunicati, il CIO:

  • ha invitato tutte le Federazioni sportive internazionali a cancellare o spostare i propri eventi programmati in Russia e Bielorussia (la nazione che é ritenuta che stia supportando l’invasione russa in Ucraina);
  • ha deciso di ritirare l’ordine Olimpico a tutte le persone che attualmente svolgono una funzione importante nel governo della Federazione Russa o in altre posizioni di alto rango legate al governo;
  • ha invitato tutte le Federazioni sportive internazionali e tutti gli organizzatori di eventi sportivi a non invitare o consentire la partecipazione di atleti e funzionari russi e bielorussi alle competizioni internazionali;

Sulla base di questi comunicati, ci sono state poi diverse azioni, sulle quali mi sono chiesto se fossero giuste o sbagliate, pur consapevole che in un contesto come questo, non c’é mai una versione unica come possibile risposta al quesito.

Ho riflettuto sulle reazioni in specifici ambiti sportivi.

Le reazioni alla guerra nel calcio

La finale di Champions League

Una delle primissime azioni intrapese dalla UEFA é stata lo spostamento della finale di Champions League del 28 Maggio 2022 da San Pietroburgo a Parigi (Champions League 2022, la finale a Parigi anziché a San Pietroburgo | Sky Sport).

Molti hanno reagito con un sorriso ironico o con commenti sferzanti a questa notizia, considerandola un’azione di poco conto rispetto alla gravitá della situazione sul campo in Ucraina.

Personalmente sono di parere opposto ed ho trovato la scelta piú che giusta.

Per quanto il calcio possa piacere o meno, la finale di Champions League é uno degli eventi piú seguiti a livello mondiale. Pertanto rappresenta un’ importante fonte di ritorno economico per chi la va ad organizzare, attraverso le sponsorizzazioni in luogo e sulle varie emittenti televisive da parte di centinaia di nazioni. Inoltre é anche fonte automatica di turismo, che innesca un circuito di ritorni economici che inizia ben prima della finale e che finisce molto tempo dopo la finale.

Se quindi una delle strade per fermare Putin é quella di puntare a colpire la parte economica, questa la ritengo una scelta piú che giusta ed appropriata, perché va a colpire un organo come la Federazione calcistica russa, strettamente legato al governo russo.

L’esclusione della Russia dai mondiali di calcio

Un’altra delle azioni intraprese é stata l’esclusione della Russia dai prossimi spareggi per qualificarsi ai Mondiali in Qatar. Si sarebbe dovuta giocare la prima partita di qualificazione il 24 Marzo contro la Polonia.

Anche in questo caso mi trovo d’accordo con la decisione presa. Principamente per i motivi espressi nel paragrafo precedente. L’ unico aspetto che mi ha lasciato qualche perplessitá é stata la tempistica. Infatti, la nazionale polacca aveva giá anticipato che non si sarebbe presentata all’incontro. E a seguire si erano allineati a questa posizione anche la Svezia e la Repubblica Ceca, altri eventuali avversari della Russia.

Insomma, la FIFA non é stata cosí rapida come invece, meritevolmente, le federazioni e i giocatori delle citate nazioni.

In parallelo, la UEFA ha deciso poi di escludere tutte le squadre russe dalle gare di UEFA Champions League e di Europa League. L’effetto di questa decisione é stata l’esclusione dello Spartak Mosca, unica squadra russa ancora in lizza in queste competizioni.

I contratti di sponsorizzazione

Non é un mistero che molte societá di calcio (e non) hanno importanti sponsorizzazioni da parte di aziende russe.

Il Manchester United, storico club inglese gestito da un imprenditore americano, ha deciso di revocare il contratto di sponsorizzazione con la compagnia aerea Aeroflot.

Lo Schalke 04, storico club tedesco che milita quest’anno in seconda divisione, ha deciso di rimuovere il nome dello sponsor principale Gazprom dalle maglie dopo l’invasione dell’Ucraina.

La stessa UEFA ha deciso di rescindere tutti i contratti di sponsorizzazioni con Gazprom.

Fermo restando che sono d’accordo con queste iniziative (perché vanno sempre nella direzione di creare un possibile problema interno economico e politico a Putin), in queste notizie ho notato solo una forte ambiguitá con quanto poi accade in altri settori. Infatti, al momento attuale, a quanto é dato sapere, tutti gli stati europei non hanno minimamente interrotto alcuna fornitura di gas russo, continuando quindi a trasferire milioni di euro nelle casse del governo di Putin.

Sono ben consapevole che non si puó dalla mattina alla sera interrompere questa fornitura (per ovvi problemi energetici da sostenere senza il gas russo), fin quando non ci sono alternative. Ma la (buona) notizia in ambito calcistico mi é sembrata stonare poi con un piú ampio e complesso problema legato a sponsorizzazioni da aziende russe.

Alcune polemiche “social”

Non voglio addentrarmi troppo su questa questione. Peró mi sento di fare una riflessione su una notizia che é rimbalzata per giorni su vari media sportivi italiani, soprattutto su La Gazzetta dello Sport: Guerra Ucraina, calciatori contro: Dzyuba risponde a Mikolenko e Yarmolenko – La Gazzetta dello Sport.

In sintesi, alcuni giocatori di calcio ucraini hanno attaccato duramente i rispettivi colleghi russi di non prendere una dura presa di posizione contro l’invasione. Un giocatore russo ha risposto (in sintesi) che é facile fare proclami da una comoda villa inglese.

Ci sono tre elementi che mi hanno fortemente disturbato in questa discussione.

Il primo é che i giocatori ucraini hanno usato parole molto forti nei confronti dei giocatori russi, come se fossero loro stessi ad aver invaso e ucciso civili ucraini. Posso comprendere la frustazione nel vedere amici, parenti, connazionali che soffrono per l’invasione. Ma non condivido questa forma di comunicazione, soprattutto in un momento in cui bisognerebbe incentivare proprio il concetto di fratellanza e convivenza sociale tra popoli. E non innescare ulteriore conflitti. Fossi stato nei giocatori ucraini avrei invitato i giocatori russi a fare una dichiarazione congiunta contro la guerra, magari trovandosi seduti insieme su un divano ed abbracciandosi, di fronte ad una telecamera. Avrebbe avuto un’enorme valenza mediatica, soprattutto perché oggi molta comunicazione viaggia attraverso canoni visivi e canali social.

Il secondo é che, da parte dei giocatori russi, avrei apprezzato un piccolo gesto simbolico, senza troppe parole. Che so, magari una piccola bandiera con i colori di russia e ucraina combinati, giusto per dare un’idea. Non serve molto in questo frangente. E immagino che sarebbe meglio di qualsiasi altra dichiarazione pubblica che li metterebbe magari in difficoltá per ritorsioni dirette o indirette (ai familiari) da parte del governo russo. Basterebbe davvero poco, proprio per non alimentare un’idea che sia una guerra tra popoli e non invece, come essa é, la guerra voluta dagli interessi politici ed economici di pochi.

Il terzo é che un giornale con peso mediatico enorme, come La Gazzetta dello Sport, ha dato risalto per giorni a questa notizia, come se avesse voluto alimentare la fiammella di una polemica (inutile) tra giocatori ucraini e russi, ma soprattutto tra persone “emotivamente coinvolte” che non riescono ad indirizzare la loro popolaritá verso quello che (forse) anche loro vogliono, ovvero la pace.

Insomma a che pro riportare questa notiza? Per un like o un click in piú? Mi é sembrato di rileggere alcune discutibili notizie in merito alla pandemia e alle vaccinazioni in cui si é dato piú spazio a mettere una fazione contro l’altra, per il solo scopo di alimentare il cosidetto business dei social media (No Vax, Pro Vax, Green Pass & more | EmigranTrailer).

Traduco il mio stato d’animo con una sola parola su questa modalitá di comunicazione dei media: tristezza.

Le reazioni alla guerra nel tennis

La Russia é stata esclusa dalla Coppa Davis, ed é anche fuori dai tornei ATP e WTA. Peró, giocatori e giocatrici russe possono continuare a disputare le gare dei circuiti in forma neutrale.

Ecco, questa mi é sembrata la soluzione piú giusta: penalizzare la Federazione nazionale russa, ma non i singoli atleti, lasciando loro la possibilitá di praticare il loro mestiere, pur non avendo la libertá di giocare nel nome della loro patria e della loro bandiera.

In particolare, appena é iniziata l’invasione ed ancora prima che la Federazione Internazionale di Tennis sanzionasse la Russia, ho molto apprezzato le dichiarazioni nel neo-numero uno al mondo Daniil Medvedev, che in sostanza ha ribadito come tutti i tennisti promuovono la pace nel mondo e a testimonianza di ció ha ricordato che, solo pochi giorni prima, la coppia formata da un russo e da un ucraino aveva trionfato al torneo di Marsiglia Guerra in Ucraina, Medvedev: “Noi tennisti siamo per la pace”. Da Svitolina a Dolgopolov, le reazioni (ubitennis.com).

Insomma, é stato secondo me davvero un bel modo di porsi di fronte a questa questione.

Le reazioni alla guerra nella Formula 1

Una prima immediata conseguenza é stata la cancellazione del Gran Premio di Sochi da parte della FIA. La cosa mi ha trovato pienamente d’accordo, per i motivi e le ripercussioni economiche che ho giá spiegato nel paragrafo relativo al calcio.

Le ulteriori sanzioni hanno riguardato i piloti russi e bielorussi, a cui viene concesso di partecipare alle gare solo se rispettano ulteriori regole restrittive. Tra queste ho trovato personalmente fuori luogo ed eccessive quella secondo cui non possono essere esposte “parole di origine russa e bielorussa” su uniformi, vestiti ed oggetti personali (Fia contro Russia e Bielorussia: tutti i divieti per i piloti (gazzetta.it)).

Che senso ha questo divieto? Perché prendersela con la lingua o la cultura di un popolo? Sinceramente non lo capisco questo divieto e mi viene in mente la stessa stupida ed avventata (non trovo altri aggettivi) decisione di sospendere il corso su Dostoevskij all’universitá Bicocca di Milano (Gli studenti della Bicocca: «Il caso Nori? Censura e l’università non ci ha consultati» – Il video – Open).

In ultimo, la scuderia americana Haas ha licenziato il suo pilota russo, nonostante pare che questi avessi accettato i divieti imposti dalla FIA: F1 e guerra in Ucraina, la Haas licenzia Nikita Mazepin (gazzetta.it). Va detto che il padre del pilota russo rappresentava anche l’importante sponsor Uralkali, con cui é stato rescisso il contratto.

Non so bene come esprimermi in questa situazione. Non seguo moltissimo la Formula 1.

Pare che il pilota russo non sia anche particolarmente bravo. E la sua permanenza sembra sia stata sempre legata alla sponsorizzazione garantita dal padre. Pertanto, mi sembra che la Haas abbia colto due piccioni con una fava: costretta a sbarazzarsi dello sponsor russo, automaticamente si puó liquidare il non-eccelso pilota.

Le reazioni alla guerra nello sci

Anche in questo caso la Federazione Internazionale dello sci ha deciso che tutti gli eventi in programma in Russia entro la fine della stagione in corso saranno cancellati o spostati in un’altra sede, in un’altra nazione.

Personalmente adoro lo sci. Ma adoro soprattutto il biathlon.

E per questo motivo, non posso nascondere il mio disappunto (da semplice appassionato) nel non vedere gareggiare atleti russi, quali Latipov e compagni. o atlete bielorusse, quali Alimbekava e compagne.

Mi spiace davvero molto, perché la bellezza della performance atletica é di per se senza barriere, senza confini, senza bandiere. In questo caso avrei quantomeno consentito la partecipazione come atleti neutrali od olimpici, senza alcun tipo di bandiera nazionale. E (forse) avrei solo esteso il divieto alle staffette nazionali.

Al tempo stesso mi ha addolorato leggere della morte del giovanissimo (19 anni) ex-biathleta ucraino Yevhen Malyshev, ucciso durante la battaglia di Kharkiv del 1 Marzo. Sottolineo che era un ex-biathleta perché si era giá ritirato nel 2020 per far parte a tempo pieno dell’ esercito ucraino. Molti media non hanno citato questo particolare, forse perché l’averlo fatto avrebbe avuto meno impatto mediatico (perdonatemi la considerazione polemica, ma io con un modo di fare informazione populista ed approssimativo, ho davvero attualmente poca pazienza).

È corretta l’informazione relativa a Dmytro Pidruchnyi, biathleta ucraino che invece che partecipare alla Coppa del Mondo in Finlandia, ha deciso di arruolarsi per difendere la sua nazione. Un gesto sicuramente esemplare e triste. Esemplare perché é la dimostrazione che la difesa dei diritti e della sovranitá nazionale é piú importante di qualunque risultato sportivo individuale. Triste perché é una dimostrazione del fallimento delle attuali diplomazie politiche in campo.

Le reazioni alla guerra alle Paraolimpiadi invernali

In questo contesto non riesco proprio ad essere d’accordo all’esclusione degli atleti paraolimpici russi e bielorussi.

Ripeto quanto detto prima: giusto escludere le federazioni, ma sarebbe corretto dar la possibilitá agli atleti di partecipare individualmente, magari in forma neutrale o con lo status di atleta olimpico.

Che cosa ha ottenuto il Comitato Olimpico Internazionale con questa decisione?

Niente di buono. Ha semplice innescato un sentimento di frustazione e rabbia in chi per anni si é preparato con sacrificio a questa Olimpiade.

E quando ci sono frustazione e rabbia, si innesca poi una catena di reazioni che vanno nella direzione opposta alla frattellanza tra popoli ed atleti. La Repubblica riporta di affermazioni gravi da parte di alcuni atleti russi esclusi: Paralimpiadi, le minacce degli atleti russi agli ucraini: “Bombarderemo le vostre famiglie” – la Repubblica.

Le reazioni alla guerra nel trail-running

Potrei aggiungere riflessioni in merito al ciclismo, al basket o ad altri sport invernali, ma voglio chiudere con il mio sport, ovvero il trail-running.

Ha fatto molto discutere il comunicato dell’UTMB di qualche giorno fa, in cui si dichiarava “l’immediata sospensione di tutti gli atleti russi e bielorussi dagli eventi con il marchio Utmb fino a nuovo avviso” (UTMB® Mag – UTMB Group : déclaration officielle concernant la situation en Ukraine (utmbmontblanc.com)).

Pur rispettando la libertá di scelta da parte dell’UTMB, personalmente l’ho trovata completamente ingiusta. Che senso ha penalizzare i singoli atleti? Non stiamo parlando né di una competizione per nazioni, né tantomeno di una competizione olimpica.

Personalmente quando gareggio mi fa piacere che la mia nazionalitá sia riportata (italiana), ma non ho mai gareggiato in nome di Berlusconi, Renzi, Salvini, Conte o Meloni. Che cavolo c’entra la scelta di Putin di invadere l’Ucraina con l’esclusione di atleti russi e bielorussi dallla gara intorno al Monte Bianco?

C’è una penalizzazione economica per la Russia di Putin? No, nessuna.

C’è un risvolto sociale che magari fa cambiare idea a Putin su cosa sta facendo? No, nessuno.

L’unica conseguenza di questa decisione é creare malcontento, delusione e rabbia tra gli atleti esclusi (ma davvero, voi dell’UTMB, pensate che vadano di persona a lamentarsi da Putin e a supplicarlo di smettere perché cosí possano partecipare a fare gare di Trail-Running?) e negli atleti che, come me, hanno sempre visto il Trail-Running come uno sport senza barriere (lo so, é utopia).

Poi la motivazione é ancora piú discutibile: “Questa decisione é frutto della nostra solidarietá agli atleti ucraini e alla loro gente”.

Ma scusatemi: ma quando mai avete chiesto ad un atleta ucraino se era d’accordo ad escludere un atleta russo o bielorusso? E quando mai avete chiesto a qualsiasi altro atleta di trail-running se escludere un russo o un bielorusso?

Davvero non capisco questa decisione. E devo ammettere che mi delude molto e mi fa anche rabbia.

Nel Trail-Running gli unici a dover essere esclusi sono i dopati.

Non ci devono essere esclusioni su base razziale, culturale o linguistica. È uno sport nato per stare in armonia con la natura, per la condivisione e l’aggregazione di chi vive la natura attraverso una forte etica sportiva, di rispetto per se stessi e per gli altri.

Il comunicato dellUTMB é senza senso, e per certi versi assurdo, perché incentiva alla discriminazione razziale e all’eventuale idea di guerra fra popoli. Cosa che NON É!!

Molti probabilmente avranno un’opinione diversa. Me ne faccio una santissima ragione.

Contrariamente all’UTMB, l’lnternational Trail Running Association (ITRA) ha deciso di applicare le restrizioni ad atleti russi e bielorussi solo in caso di gare ufficiali con format “per nazioni” (ad esempio i campionati mondiali), mentre ha lasciato libera partecipazione a tutte le altre gare. Il comunicato ufficiale é visionabile a questo link: ITRA.

Infine, altri enti ed organizzatori o non si sono esposti oppure si sono esposti dicendo che avrebbero accolto atleti russi e bielorussi purché si fossero dichiarati neutrali rispetto agli avvenimenti in corso in Ucraina, a seguito dell’invasione decisa da Putin.

A questi ultimi faccio un plauso, chiedendo solo di considerare che per un atleta russo o bielorusso una dichiarazione formale di neutralitá o non supporto del regime di Putin potrebbe comportare conseguenze in modo diretto a loro o in modo indiretto ai loro familiari.

Ecco. A noi (europei, in paesi democratici con libertá di espressione e di parola) sembra tutto cosí facile, soprattutto spalleggiare per l’uno o per l’altro. Tanto non abbiamo conseguenze.

Ma ci siamo mai veramente chiesti quali sono i rischi a cui possono andare incontro gli atleti russi e bielorussi nel fare una dichiarazione pubblica? E siamo poi pronti a sostenerli nel caso in cui avessero problemi (per usare un eufemismo) con il loro governo?

Riflettiamoci.

Conclusioni

Concludo la mia riflessione sostenendo che:

  • sono pienamente solidale a tutte le iniziative per supportare tutti gli atleti ed  il popolo ucraino in questo tragico momento;
  • sono d’accordo con tutti i divieti, le cancellazioni o le restrizioni legate a gare od eventi in territorio russo, soprattutto quelli con enorme ritorno economico nelle casse del governo russo;
  • concordo in linea di massima con i divieti alle federazioni nazionali russe;
  • sono in totale disaccordo con le resistrizioni inerenti alla cultura e alla lingua russa, che poco hanno a che fare con questa guerra;
  • sono in totale disaccordo con le restrizioni ai singoli atleti russi e bielorussi: non é una guerra tra popoli. Se non lo é ancora, non facciamola diventare con divieti ed azioni che vanno in quella direzione;

Infine, giorni fa ho letto un post su Facebook che recitava “Chi non sta né con l’uno né con l’altro ma con la pace, é complice dell’aggressione”.

Il post é stato scritto da una persona che mediatamente scrive cose interessanti e qualificate.

Beh, a mio parere personale, in questo caso ha scritto una frase quanto meno incompleta e superficiale.

Io sono dalla parte degli ucraini che hanno subito un’invasione. Io sono dalla parte dei russi che non condividono e non appoggiano questa iniziativa del loro leader. Io sono dalla parte della pace. Io sono dalla parte della fratellanza. Io sono dalla parte di chi crea ponti e non barriere.

Non saró mai contro il popolo ucraino che vuole la pace. Non saró mai contro il popolo russo che vuole la pace.

L’unica cosa per cui sono contro é l’iniziativa decisa e voluta da Putin, per motivi che non hanno nulla a che vedere col concetto di “russi e ucraini siamo un unico popolo”, di cui parla ogni volta nei suoi video propagandistici.

Andrea

Original post in italian language. For other languages, please open with a web browser (i.e. Chrome) and apply the automatic translation.

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ANDREA DE FILIPPO

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